A questi ultimi si deve la nascita di una elementare struttura politica, costituita da una lega di dodici città e presieduta da Capua. I sanniti invasero la regione nella seconda metà del V secolo a.C. e la tennero fino a che i romani non ne fecero un obiettivo della loro espansione. Dalle tre guerre sannitiche (343-290 a.C.) derivò l’occupazione della regione da parte di Roma, che fondò le colonie di Cales, Suessa, Pozzuoli, Literno e integrò gli abitanti al suo dominio, cosicché poté contare sulla loro fedeltà durante la seconda guerra punica. In quella circostanza solo Capua e pochi altri centri minori si allearono con Annibale, contrariamente a quanto avvenne nel Sud d’Italia. Al tempo dell’impero la regione raggiunse il massimo splendore: sulle coste e sulle isole i patrizi romani costruirono le loro dimore di villeggiatura. Le campagne producevano in abbondanza cereali, olio, agrumi e vini prelibati, come il noto falerno. Secondo la divisione amministrativa operata da Augusto, insieme con il Lazio fece parte della Regio I, per acquisire in seguito autonomia di provincia ai tempi di Diocleziano. Con l’occupazione longobarda del territorio di Benevento (570), la Campania perse la sua unità: parte del suo territorio fu acquisito dal Ducato di Benevento che accorpò le province di Capua e Salerno, mentre sul restante territorio si esercitava l’autorità dell’impero bizantino. Sulla costa, Amalfi acquisì prestigio con le attività marittime che ne fecero, tra il IX e il X secolo, uno dei principali centri commerciali del Mediterraneo. Il rimodellamento politico del territorio fu dovuto alla dominazione dei normanni, giunti nell’anno 1030, quando ebbero in feudo la contea di Aversa, primo nucleo dei loro possedimenti nell’intera Italia meridionale. Sotto la monarchia normanno-sveva la Campania fu compresa nel Regno di Sicilia, e quindi divenne dominio prima degli Angioini e poi degli Aragonesi. Il successivo governo degli spagnoli (1503-1713), esercitato attraverso la figura di un viceré residente a Napoli, si articolò in un equilibrio di rapporti sociali tra gli organi di governo e le ampie autonomie di cui beneficiavano i grandi proprietari terrieri e i ceti borghesi della capitale. Dopo la breve parentesi austriaca (1707-1734) la
Campania fu conquistata dai Borbone di Spagna durante la guerra di successione polacca; il nuovo sovrano di Napoli Carlo di Borbone intraprese moderate riforme nel campo della fiscalità, della moneta, della giustizia, servendosi della collaborazione del potente ministro Bernardo Tanucci. Guerrieri sanniti Nella seconda metà del Settecento a Napoli, sede universitaria e una tra le principali città europee per numero di abitanti e attività mercantili, si organizzò un vivace gruppo di intellettuali illuministi, tra cui Antonio Genovesi e Gaetano Filangieri, che per primi analizzarono le arretratezze della società meridionale e denunciarono i mali del sistema feudale, imperante nelle campagne. La breve esperienza della Repubblica Partenopea di Napoli (1799) fu contrassegnata dai generosi tentativi di smantellare le istituzioni dell’antico regime, così come fece di lì a poco Gioacchino Murat. Nominato da Napoleone re di Napoli, governò dal 1808 al 1815: a lui si deve l’inizio della legislazione antifeudale. Reintegrati i Borbone con il congresso di Vienna, non si spensero le idee di rinnovamento costituzionale e liberale, diffuse nelle società segrete, in particolare nella Carboneria. Da un’insurrezione nell’esercito presero origine i moti liberali del 1820, che portarono alla breve esperienza della monarchia costituzionale, interrotta l’anno successivo dall’esercito austriaco che ripristinò l’assolutismo. Reggia di Caserta Napoli, capitale burocratica del regno, esercitò il ruolo di centro propulsore delle iniziative economiche dalla fine del Settecento, con le manifatture di San Leucio, e, nell’Ottocento, con gli opifici tessili di Piedimonte d’Alife e con le officine siderurgiche cresciute con la diffusione delle ferrovie. Una legge speciale approvata nel 1904 portò alla costruzione del polo siderurgico di Bagnoli, mentre nelle campagne giungeva contemporaneamente a termine la lunga opera di bonifica delle molte aree malariche, intrapresa due secoli prima. Tuttavia la regione si impoverì demograficamente per una massiccia emigrazione di forza-lavoro contadina, diretta principalmente all’estero. Durante la seconda guerra mondiale la
Campania fu teatro di decisive operazioni militari, conseguenti allo sbarco degli Alleati a Salerno (10 settembre 1943) e alla successiva liberazione di Napoli, che insorse contro i tedeschi prima dell’arrivo degli angloamericani (Quattro giornate di Napoli, 28 settembre - 1° ottobre). Nel dopoguerra la
Campania ha vissuto le potenzialità e i limiti delle politiche per il Mezzogiorno, caratterizzate da nuovi poli dell’industria pubblica ma altresì da intermediazioni partitiche che ne hanno minato l’efficacia complessiva.